I morti parlano grazie all’Intelligenza Artificiale: Parliamone.

Sì lo so. Un paio di settimane fa c’è stato l’evento Apple e il lancio del 5G di ho. Mobile, ma io vi parlo di una cosa che non vi aspetterete mai, perchè è un argomento che anni fa mi ha messo un po’ di ansia (davvero, non ci dormivo la notte) e vorrei parlarne con voi per capire che ne pensate.

Sapete, l’articolo precedente a questo è il lancio di iTechBlog AI, un chatbot basato su ChatGPT. Vi potreste chiedere quindi: “ma Matteo come, prima lanci un tuo chatbot AI e poi dici che ne hai ansia?” Beh, non proprio.

Credo molto nell’intelligenza artificiale: Nel mio lavoro in effetti l’AI in un certo senso c’entra, e la uso per molte cose molto diverse, per cui sì: sono a super favore dell’intelligenza artificiale come assistente dell’essere umano. Dobbiamo ricordarci però che l’AI deve essere al nostro servizio, non dobbiamo essere quindi noi gli assistenti dell’AI. Ciò che voglio dire è che quando usiamo l’intelligenza artificiale, dobbiamo essere sempre coscienti di ciò che facciamo. Non dobbiamo andare “col pilota automatico”, specialmente per le cose più pericolose.

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Tornando a noi, oggi stavo leggendo questo articolo del Post in cui parlavano proprio di questo argomento, e devo dire che sono rimasto sbigottito. Andate a leggere lì eventuali approfondimenti sulla questione, io mi limiterò solamente a condividere con voi un attimo le mie opinioni a riguardo.

Mentre da un certo punto di vista capisco l’interesse nel voler parlare con i morti, ciò che il morto ci “dirà” con l’AI potrebbe non essere veramente ciò che vorrebbe dirci, e anche il modus operandi che il nostro parente potrebbe prendere potrebbe lasciarci un impronta triste o non corretta rispetto alla realtà.

E voi, che ne pensate?

La foto di copertina è stata fatta usando l’AI.

Matteo S.
Matteo S.

Matteo è un informatico, lui ama tutte le cose informatiche. Matteo è il Founder e CEO di iTechBlog. Fa una scuola di Cinema e Comunicazione. È fondatore del Gruppo Telegram e a lui piace tanto aiutare!

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Un commento

  1. La questione è senz’altro etica (che conseguenze può avere tutto questo sulla psiche di una persona vulnerabile che sta affrontando un lutto?), ma è anche concreta. In base a cosa vengono creati questi dialoghi, in base a cosa vengono gestiti? Da dove traggono le loro informazioni? Che scopo hanno, quale influenza intendono avere? E i dati che ne emergono, dati molto personali, vanno in mano a chi? Per farne cosa? Interrogativi particolarmente inquietanti.

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